La pagina di Cuorerosso e Pittì

 

Figli nostri che turbano la Germania

 

CHIARA SARACENO (da www.lastampa.it)

 

Il mistero dell’insuccesso scolastico dei ragazzi italiani» s’intitola un lungo articolo apparso sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. In Germania tra i ragazzi con un’origine migratoria alle spalle quelli italiani presentano i risultati scolastici peggiori fin dai primi anni. Più degli altri sono classificati come «lenti ad apprendere», quando non «problematici» e spostati in classi differenziali. Inoltre, dopo le elementari (che durano solo quattro anni), più d’ogni altro gruppo etnico-linguistico - inclusi turchi e greci - vengono iscritti nelle Hauptschule: un percorso scolastico breve, che non consente di proseguire gli studi. Circa la metà dei ragazzi di origine italiana è quindi destinata a lavori a bassa qualificazione e si trova a competere per l’apprendistato con chi, avendo frequentato almeno la Realschule o il ginnasio, ha due anni di scolarità in più. La differenza con i ragazzi d’origine spagnola, che pure condividono con gli italiani storie familiari migratorie, religione e differenze linguistiche dal tedesco simili, è notevole: solo poco più di un quarto degli spagnoli frequenta la Hauptschule e una percentuale maggiore, anche se largamente inferiore a quella dei ragazzi di origine tedesca, va al ginnasio.

È un fenomeno a prima vista sorprendente, dato che si tratta di figli d’immigranti di seconda generazione, cittadini dell’Unione europea dalla prima ora, integrati nella società tedesca, di cui sembrano condividere, a differenza dai turchi, abitudini e stili di vita. Non sembra inoltre spiegabile solo con le caratteristiche socio-culturali (istruzione, professione) dei genitori: la cattiva prestazione scolastica dei ragazzi d’origine italiana rispetto ai loro coetanei con origine migratoria si conferma anche a parità di condizioni socio-economiche delle famiglie. Le ragioni più visibili di questo insuccesso sono due: scarse competenze linguistiche e mancata comprensione, da parte dei genitori, del sistema scolastico tedesco. La prima spiega le difficoltà d’apprendimento. La seconda spiega la leggerezza con cui i genitori, abituati al sistema italiano in cui le scelte vere si fanno dopo le medie, già a 10 anni avviano i figli verso strade senza uscita, in un sistema sia scolastico che professionale così stratificato come quello tedesco.

Ma perché i ragazzini d’origine italiana non riescono a sviluppare competenze linguistiche adeguate, a differenza di spagnoli, francesi, polacchi, romeni? Perché nelle famiglie e nel vicinato si continua a parlare italiano o un dialetto imbastardito. Può capitare che non abbiano competenza in nessuna delle due lingue. È la conseguenza paradossale d’una comunità numerosa, autosufficiente e autoreferenziale sul piano delle relazioni quotidiane: i vicini, i negozianti, gli amici sono spesso italiani. Anche chi frequenta la stessa parrocchia è spesso di origine italiana, soprattutto nelle regioni in cui il cattolicesimo è religione minoritaria. I ragazzini possono così trovarsi a parlare tedesco solo a scuola, senza per altro imparare davvero l’italiano. Una situazione simile a quella dei ragazzini turchi, con la differenza che gli italiani, non più percepiti come immigrati, non ricevono il sostegno di cui avrebbero bisogno. Al massimo, possono frequentare i corsi di lingua tedesca finanziati dall’Italia, ma ritrovandosi ancora fra italiani. Questa autoreferenzialità spiega anche la scarsa comprensione del sistema tedesco da parte di genitori, specie di quelli meno istruiti e motivati a investire nella formazione dei figli.

I tedeschi stanno da qualche tempo interrogandosi sull’adeguatezza del loro sistema scolastico, sulle molte strozzature e vincoli di cui è costellato creando svantaggi legati non alle capacità, ma alle origini sociali e a scelte troppo precoci. L’insuccesso scolastico dei ragazzi di origine italiana e turca è uno dei motivi che sollecita questa riflessione critica


pitti
4/16/2008 02:21:58 am

Dai 6 anni in su e per i successivi quattro anni d’età, inizia l’obbligo di frequenza della scuola elementare (Grundschule) che è pubblica.
La scuola secondaria superiore include quattro tipi di istituzioni basate sulle capacità scolastiche del singolo studente, stabilite dalle raccomandazioni effettuate dall’insegnante del livello precedente.
Le istituzioni secondarie superiori includono il Ginnasio (Gymnasium) che prepara lo studente ad uno studio di tipo accademico, il Realschule con studi di tipo generico, il Haupptschule adatto agli studi professionali e il Gesamtschule, scuola di tipo comprensivo che si accompagna agli istituti sopra menzionati.
Non esiste alcuna uniforme scolastica nelle scuole elementari e secondarie.

Un simile sistema scolastico non è adatto per le menti eccelse del nostro paese. Davvero. Noi ci facciamo col tempo. Per esempio, in prima media, volevano bocciarmi. Se fossi stata in germania, su consiglio dei preziosi insegnanti, avrei intrecciato cesti di giunco? E' giusto o normale far prendere una strada così definitiva a dieci anni? Chi sceglie? Se sei un asino te lo fanno fare ugualmente il ginnasio? E poi, siamo pazzi a iniziare alle sette e quarantacinque? Alle otto, otto e mezza se mai. Con calma, e per favore. Dove abito io ci sono bambini che vanno in prima elementare e sanno solamente il dialetto. Non scherzo. Parlano un italiano totalmente dialettale, ed inesistente. Qualche anno fa la situazione era peggiore, ma posso assicurare l'esistenza di questi soggetti. Niente, la maestra te lo insegna. In casa tua si continua a parlare il dialetto? E tu porti l'italiano. Trovo raccapricciante questo voler formare ad ogni costo. La scuola deve davvero formare? E cosa? Magari là se sbagli a parlare ti dicono sei un italiano ia o fai al realschule supito. Forse non si vanno abbastanza incontro. Un ragazzino tedesco la cui famiglia proviene da un qualche cazzo di paese sperduto ai confini della foresta nera e che non ha mai parlato una parola di tedesco ma ha sempre solo comunicato in dialetto, o a versi, si farebbe come niente un liceo classico? No. Nemmeno a quattordici anni, dato che iniziamo dopo. Se i nostri ragazzi non vanno bene è perchè non sanno farli andare bene. E così i turchi, gli spagnoli, i rumeni e gli ivoriani. Se abbiamo tedeschi in ascolto li invito tutti comunque a iscriversi in una nostra università statale. Sarà sbalorditivo

Reply
cuorerosso
4/16/2008 02:48:20 am

Questa la so. O, per meglio dire, l ho vista e sentita con i miei occhi e orecchie. Ho vissuto in una deliziosa città universitaria del sud della Germania. Quella è una zona ad alta densità industriale: lì si costruisce la mercedes e tutti quegli splendidi elettrodomestici affidabilissimi che mia madre compra sottolineando con solennità la marca “ è un xxxxx”, come dire “è buono per forza”.
Verso la fine degli anni '80, nonostante non si parlasse ancora di “mediazione culturale” , i servizi sociali di quell illuminato comune avviarono una sperimentazione: assunsero in qualità di “interpreti e facilitatori” due cittadini stranieri per ciascuna delle comunità maggiormente presenti. Cioè, italiana, greca e turca. Io ero una delle due italiane. Il mio compito consisteva soprattutto nell aiutare i miei connazionali nei rapporti con la pubblica amministrazione. Chiedere, compilare, rispondere, iscrivere, disiscrivere, autocertificare. La comunità italiana, delle tre, era quella di più antica formazione. Era già arrivata alla terza generazione. La prima, era composta quasi esclusivamente da uomini anziani e soli, perlopiù alloggiati in casermoni per operai, in attesa di percorrere l ultimo tratto di vita lavorativa prima della pensione, da godersi in patria, in compagnia di mogli e di figli praticamente sconosciuti. La seconda, era composta da uomini e donne emigrati da giovanissimi. Che in Germania avevano formato famiglie e generato figli italieschi. La terza, allora nascente, era formata da quei bambini. Che, a fare due conti, dovrebbero essere, oggi, i genitori dei ragazzi di cui si parla nell articolo.
Ciò che ho visto, a parte la tendenza a socializzare quasi esclusivamente “fra italiani”(che peraltro suppongo essere una caratteristica di tutti i gruppi di migranti, ovunque) era una comune determinazione a considerarsi “migranti a tempo”. Indipendentemente dal tempo trascorso in Germania, spesso gran parte della vità già vissuta, quegli uomini e quelle donne non smettevano di considerarsi in prestito. E programmavano per sé e per i propri figli un rientro sempre imminente in Italia. Nessuno di loro sognava di vedere i propri rampolli studenti a Tubingen o quadri della Daimler Benz. Contro ogni ragionevolezza, al contrario, si figuravano, da parte dei loro eredi, una luminosa quanto del tutto irreale trionfale conquista del loro paese natale. Ho personalmente assistito ad un litigio coniugale che verteva sull opportunità che la bimba gattonante e ivi presente frequentasse giurisprudenza a Napoli o medicina a Roma. In qualche modo, voglio dire, le famiglie facevano una discreta quanto istintiva resistenza all integrazione sociale e scolastica dei minori. Come se, in assenza di vigilanza, la Germania potesse finire per inghiottire anche quelli, dopo aver succhiato energia e giovinezza a loro.
Il sistema scolastico tedesco appare in realtà troppo simile al sistema classista che qui è stato superato molti ma molti decenni fa, con l unificazione della scuola media inferiore. E pare voler continuare a distinguere fra lavoro intellettuale e lavoro manuale. Officina e latino e greco. Promozione e condanna pronunciate contro bambini e bambine di soli dieci anni.
Non è del tutto vero. Non avresti intrecciato nulla, se fossi nata lì. Le indicazioni degli insegnanti- questo è vero, particolarmente decisive – mirano ad individuare le reali aspirazioni e a tracciare un percorso formativo adeguato. In una scuola, va detto, in cui si può insegnare dopo un corso di studi mirato. In altri termini, in Germania non basta essere dei chimici per insegnare chimica: il corso di laurea per la formazione degli insegnanti è differenziato da quello per non insegnanti. E prevede che siano acquisite competenze specifiche. E comunque, saresti finita a lavorare in una società meno segnata da ombre gentiliane, per la quale saper usare un utensile complesso è altrettanto utile alla collettività che saper tradurre Cicerone. In cui l apprezzamento sociale, per così dire, arriva dal “quanto lo sai fare bene” più che da “quanto guadagni?” o “cosa fai”. Indubbiamente, il sistema scolastico in qualche modo va ripensato e reso più efficiente, ma – pur rilevando che i miei ricordi risalgono al 1989 – temo che il problema stia più nell autorappresentazione, nell uso della lingua e nel significato attribuito a quell uso, che nell inadeguatezza del sistema.


Reply
pitti
4/16/2008 04:07:08 am

io constato solo incredibile anacronismo nella mia istruzione. Si leggono i saggi di gramsci come li avesse scritti ieri, per esempio. O la critica letteraria, nella mia falcoltà, solo ed esclusivamente marxista. Lo fanno perchè puoi far finta di raggirare i coglioncelli con quattro cazzate che hai sentito dire e non hai nemmeno capito. Per me e per la gente che conosco saper usare un utensile non sarà mai paragonabile, ma nemmeno per sbaglio, a saper tradurre cicerone. Forse anche per questo tante cose non funzionano. Ma questa è un'altra questione.

Reply
b
4/16/2008 05:42:12 am

Confesso che il mio intento non era quello di discutere del sistema scolastico tedesco ma trovo magnifico che la discussione abbia preso una piega inaspettata.

A me aveva colpito il fatto che un sistema autoreferenziale tenda a soffocare le competenze, anche linguistiche (e dunque di pensiero) di ben più di una generazione.

Non è il dialetto in sè (le cui sfumature sono spesso ben più espressive dell'italiano della crusca) ma il dialetto "imbastardito" l'italiano della microcomunità che non evolve, che vive per generazioni nel sogno di un ritorno che non ci sarà, che è ottusamente autoreferenziale appunto.

Mi era sembrato, insomma, che potesse essere uno spunto di riflessione rispetto, per esempio, al linguaggio di sinistra critica o della lega. Dice bene pt che rimanere impalati su gramsci forse non aiuta e non per questioni ideologiche ma per la vetustà della visione che forse ha già dato quel doveva nel secolo scorso, un po’ come la riedizione della guerresca “non passa lo straniero” in chiave xenofoba forse non serve ad una miglior comprensione del fenomeno migratorio.

Reply
pitti
4/16/2008 05:48:29 pm

purtroppo non sono molto brava a dibattere. vado nella mia fantasezione

Reply



Leave a Reply.